Essere felici: dare voce al nostro demone o al senso della misura?

<<Aristotele dice nell’Etica che lo scopo della vita è la felicità. La felicità si chiama eudaimonìa. Eu significa bene; daimon vuol dire demone; l’eudaimonia è la buona riuscita del tuo demone. Ciascuno di noi ha dentro di sé un demone. Che cos’è un demone? E qual è la tua virtù intesa non in senso cristiano di sacrificio. Virtù vuol dire capacità, dal greco areté. Che cos’è la tua virtù? Perché sei nato? Che cosa vuoi fare nella vita? Che cosa ti spinge a fare l’attore piuttosto che il pittore, piuttosto che l’ingegnere, piuttosto che…? L’hai scoperto il tuo demone? Perché se l’hai scoperto lo devi realizzare e se lo realizzi bene raggiungi l’eudaimonia, la buona riuscita del tuo demone e cioè la tua buona autorealizzazione. E come faccio a sapere qual è il mio demone? Platone dice che l’oracolo di Delfi ha detto due grandi verità: conosci te stesso e la giusta misura.

<<Se tu non conosci te stesso come fai a sapere qual è il tuo demone? Cosa fai? Guardi la televisione e vedi quello che ti piacerebbe fare a partire da lì? O vai alle partite di calcio e dici “io voglio diventare Ibrahimović e magari non sai neanche tirare la palla? No, devi conoscere te stesso. Devi fare un lavoro di autoriflessione. Devi capire chi sei. C’è un mucchio di gente che vive a propria insaputa; non solo i giovani, anche gli adulti, soprattutto loro. I quali sono alienati cinque giorni alla settimana perché realizzano non se stessi ma gli scopi dell’apparato di appartenenza. E poi il sabato e la domenica che potrebbero rivolgere anche uno sguardo a se stessi, scappano da se stessi come dal peggior nemico. Si mettono in macchina e fanno ilo week-end. Per distrarsi, da sé.

<<Una volta che hai scoperto il tuo demone vedi di realizzarlo. Ma nella realizzazione devi farlo secondo misura. Sei un attore, ma non sei bravo come Marcello Mastroianni e allora non tentare di essere bravo come lui o più di lui, esamina le tue capacità, collocati là dove sei, non oltrepassare la misura perché altrimenti prepari la tua rovina. E allora: conosci te stesso e realizza il tuo demone secondo misura. A quel punto, se riesci a stare in questo scenario diventi felice. I greci non avevano nessun catalogo per capire come ti dovevi comportare; per loro c’era una sola categoria: la giusta misura. Non oltrepassare mai la tua misura. I greci non avrebbero mai scolpito i “bronzi di Riace” che sono fuori misura; essi scolpiscono a misura d’uomo: il discobolo, l’auriga. La giusta misura, è in tutte le cose, perché anche la bellezza è la giusta proporzione degli elementi. Questa categoria deriva dal fatto che l’uomo è mortale. I greci avevano due parole per dire uomo, ma non usano né l’una e né l’altra. All’epoca di Omero usano brotos (colui che è destinato a morire); All’epoca di Platone usano thnetos (mortale). Siamo mortali, basta. Quella è la misura. E allora, quando ti arriva il dolore, la felicità, la potenza, la forza della vita espandila più che puoi. Limitatamente alla tua misura. E quando sopraggiunge il lavoro, reggilo ed evita di metterlo in scena.

<<Non muori perché ti sei ammalato, ma ti sei ammalato perché fondamentalmente devi morire. Questa è la grande misura greca, che i cristiani non hanno perché dopo questa vita ne aspettano un’altra; hanno un desiderio infinito. E hanno perso la giusta misura. Quanto Prometeo dona agli uomini la tecnica, il mito greco lo incatena alla roccia: “Prometeo incatenato”. Noi Prometeo, cioè la tecnica, l’abbiamo scatenata. Adesso la nostra capacità di fare supera di gran lunga la nostra capacità di prevedere gli effetti del nostro fare. Quindi ci muoviamo a mosca cieca, noi che abbiamo scatenato Prometeo. La cultura greca, l’etica greca sarebbe una grande etica che dovrebbe intervenire nell’occidente, a contenere la sua volontà di potenza, a contenere la riduzione della terra da luogo di abitazione dell’uomo a materia prima, non da usare ma da usurare.>>

Umberto Galimberti [https://www.youtube.com/watch?v=OqDPNkGAGtA]

Sovrumani silenzi

<<Per noi, duri ma fragili, è più facile parlare restando muti facendo ascoltare i nostri silenzi solo a chi riesce a capirci traendoci in salvo!>>

È il commento che un mio ex alunno ha postato su di un noto social network che ha subito attirato la mia attenzione. È un ragazzone giovane e forte… un duro, come si definisce lui stesso. A vederlo non ti aspetteresti mai che sotto una scorza all’apparenza coriacea si cela un cuore sensibile e un’anima gentile capace di captare “sovrumani silenzi” di leopardiana memoria. Spesso il silenzio dice più di mille parole, perché invece di una forzata esposizione di eloquenza e di roboanti ma vuote parole c’è una comunione di spirito tra due anime leggiadre.

Luigi Lavorgna

Conoscere se stessi

   Per conoscere se stessi in profondità, non basta mettersi in viaggio e introdursi in tutti i meandri del proprio animo, ma occorre munirsi anche di una lampada potente ed esplorare pazientemente e meticolosamente ogni singolo anfratto, per mettere a fuoco ogni dettaglio anche il più insignificante che alla fine potrebbe rivelarsi quello più dannoso. La verità si cela in profondità, occorre snidarla, farla venire alla luce, guardarla in faccia senza pregiudizi e accettarla.

Luigi Lavorgna