“La scuola è vicina: diamoci la mano”

   “La scuola è vicina: diamoci la mano” è il titolo di una lettera aperta della prof.ssa Vittoria Longo dell’Istituto Alberghiero “Cappello” di Piedimonte Matese in provincia di Caserta.

   Toccandomi la cosa da vicino in quanto ex docente dello stesso istituto, sento il dovere di ospitarla nel mio blog in quanto trattasi di un compendio esemplare che illustra appieno la situazione problematica che sta vivendo la nostra istituzione scolastica. Non voglio aggiungere altro, ogni parola sarebbe superflua. Buona lettura.

   “Come docente dell’IPSOA di Piedimonte Matese, sono ben consapevole che nessuna piattaforma digitale o intelligenza artificiale può essere sostitutiva della presenza dell’uomo e delle sue possibilità interattive e questa consapevolezza diventa certezza nell’attività didattica. La scuola può trovare un ausilio formidabile nei supporti informatici, ma essi non potranno mai essere sostitutivi della presenza dei docenti. Il più sofisticato robot informatico, pur dotato della più raffinata Intelligenza artificiale, con conoscenze altrettanto formidabili, non potrà mai sapersi rapportare alle esigenze formative del variegato mondo di un’utenza scolastica fatta anche di passioni e sentimenti, dove il sapere rappresenta solo una parte delle finalità formative. Come docenti, alle prese con i problemi generati dalla epidemia del Covid 19, abbiamo dovuto prendere atto che il Ministero, in questi giorni ha tentato di intervenire, attraverso improvvisate indicazioni, direttive e circolari, sul tema della didattica a distanza, ma sta dovendo fare i conti con infrastrutture inadeguate e competenze mai adeguatamente formate. La rete a macchia di leopardo, soprattutto quasi assente nei piccoli comuni del sud, in questi frangenti sta mostrando tutta la sua debolezza strutturale, le famiglie, poi, non sempre sono in grado di poter disporre a casa di un computer o di un collegamento valido e gli stessi telefonini, mito di questi ns giovani digitalizzati e così diffusi, in mancanza di una rete adeguata, non riescono a svolgere oltre la loro funzione. È a questo punto che si scoprono le vere potenzialità di una scuola, il suo volere e sapere adempiere alla sua funzione nonostante le difficoltà oggettive e soggettive, la ns scuola “IPSEOA CAPPELLO” con il suo staff dirigenziale, i suoi docenti e tutto il personale a.t.a., ne è un significativo esempio. Se ancora non solo non si è sfilacciato, ma anzi si è consolidato il filo che lega, in un afflato di grande solidarietà, la ns scuola, questo lo si deve, merito al merito, alla presenza sempre attiva della ns Ds, prof.ssa Clotilde Riccitelli, alle sue due collaboratrici e al personale a.t.a. che hanno fatto di tutto e di più per dare oltre alle indicazioni operative anche tutta una serie di consigli per meglio conseguire gli obiettivi didattici e mantenere saldo il contatto solidale e operativo con tutto l’ambiente scuola. A tutto ciò hanno risposto con la usuale abnegazione i docenti (uno per tutti, tutti per uno), che ancora una volta, facendo di necessità virtù, e con i mezzi, a disposizione, spesso improvvisando e formandosi sul campo, stanno offrendo il meglio di sé, mantenendo i contatti con gli alunni e le famiglie, fornendo loro materiale di studio, momenti interattivi diretti e tutto il supporto necessario. La scuola è vicina, diamoci la mano. Questo è il motto che ci accomuna come docenti nella ns azione didattica. Tutto il resto è una continua sperimentazione sul campo, in cui immaginiamo insieme scenari, temi, e attività, cercando di non scoraggiarci e non scoraggiare, e a questo, e non è poco, servono i messaggi della nostra Dirigente, che ci fa sentire l’importanza del ns ruolo e della ns Istituzione scolastica e rappresenta uno sprone continuo a non lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà presenti rese ancor più forti dalle tragiche vicende che insieme, tutti stiamo vivendo. La ns scuola mostra il volto della solidarietà, si fa carico dei problemi e noi docenti con il ns agire ci sentiamo responsabili e fieri di poter contribuire con il ns impegno a non lasciare fuori e solo nessuno. Ecco che il registro elettronico adottato dalla scuola, non è più solo il riferimento per i voti, le assenze, le note, ma è diventato il primo vero supporto della didattica a distanza offerto dalla ns scuola. E noi docenti, ogni giorno, siamo “virtualmente” presenti la mattina per dare continuità ad un orario scolastico drammaticamente impedito e, in tutte le ore del giorno per dare anche a chi non può fruire a casa di un computer o di una linea ADSL, la possibilità di tenersi in contatto con i compagni, con noi docenti, e con le azioni didattiche svolte. Noi non siamo, certamente, la generazione digitale, ma stiamo lentamente e con difficoltà provando; i tempi lo richiedono e noi non ci tiriamo indietro; ebbene, anche attraverso le piattaforme digitali presenti nello store del telefonino, con piattaforme in uso quali Wz, Fb, o scaricabili, forniamo continuità e supporto all’azione didattica. Cerchiamo di essere attenti, alle difficoltà che vive la scuola, “ci inventiamo”, giorno dopo giorno, azioni di didattica inclusiva, personalizzata per consentire, non soltanto lo svolgimento del programma attraverso anche forme di didattica breve, ma un proficuo rapporto con gli allievi, al fine di far acquisire loro le conoscenze e le competenze che potrebbero rivelarsi oltre che utili, necessarie a dare valore e continuità didattica a questo “travagliato” anno scolastico. A tutto ciò, aggiungo, che a me manca, troppo, il rapporto umano, quello della vicinanza, della stretta di mano, dell’abbraccio con i colleghi; mancano i miei allievi e quando, in questi giorni, interagisco con loro su WhatsApp, Skype… mi piacerebbe trovare parole giuste e sempre diverse, per renderli sereni e tranquilli. Mancano i loro sorrisi, i loro contrasti, le loro opinioni, persino quel chiasso che spesso non permette di fare lezione. È vero, siamo virtualmente vicini ma così tristemente lontani. Nei mesi scorsi, abbiamo vissuto insieme, nella nostra bellissima scuola, confrontandoci sulle tematiche di studio e su quelle di vita. Non sempre è stato facile, ma ci abbiamo messo tutta la nostra buona volontà e così faremo anche adesso, in questo periodo drammatico che ha costretto tutti noi ad allontanarci gli uni dagli altri. Buon lavoro ai colleghi e buon lavoro a voi ragazzi, che spero poter rivedere al più presto, perché voi, rappresentate la parte più viva e colorata della nostra scuola. L’augurio/speranza/certezza e che tutto andrà bene, la scuola non si ferma, la scuola è vita!”. Continua a leggere ““La scuola è vicina: diamoci la mano””

Ho rinunciato a me

Avrei voluto…

Dissetarmi alla fonte della giovinezza

Continuare a guardare il mondo con lo stupore di quando ero bambino

Credere in me stesso e che le favole potessero diventare realtà

Vivere una vita piena di significato

Convincere l’altro che essere fragili non è una colpa e che solo l’amore può salvarci

Raccontare una vita diversa

e invece

Ho rinunciato a me.

 

Luigi Lavorgna

IV

“(…) pur essendo rimpinzato di oggetti all’ultimo grido su cui poteva tranquillamente accomodarsi senza doversi occupare di quel dolore al centro del petto che fa di ciascun uomo un’immortalità ferita. Avrebbe potuto accontentarsi di un infinito tascabile, ripetibile e riproducibile, come tendiamo a fare tutti il più delle volte, anziché cercare l’infinito stesso. Ci accontentiamo della continua ripetizione di esperienze ed emozioni, che alla lunga annoiano o spingono alla ricerca di sensazioni sempre più forti, fino a quella più forte di tutte, l’autodistruzione. Eppure questo ragazzo, proprio dall’ennesimo fallimento, ha tratto la lezione che insegnerà ai suoi figli: la sua ferita si è trasformata in futuro, in vita.”

[Alessandro D’Avenia, L’arte di essere fragili]

È tempo di morire?

   In questi giorni di paura, di confusione, di disorientamento… la domanda sorge spontanea: è tempo di morire?

   Il mio stato d’animo è variabile, molto simile alle montagne russe. Dalla disperazione più profonda alla speranza, il passo breve; così come dalla malinconia alla gioia, dall’abbattimento all’esaltazione… Sono sconcertato. Sto vivendo momenti allucinanti in cui la mente è obnubilata e il parossismo la fa da padrone.

   Mi impongo di essere lucido e razionale ma, come spesso accade nella mia vita, ancora una volta predico bene e razzolo male.

   Vorrei… a quanti sogni, quante promesse, quanti giuramenti ho associato questa parola! Purtroppo, attualmente, posso abbinarla solo alla voce rimpianto.

   A volte penso che l’altro che alberga dentro di me e che per mia ignavia non ha mai avuto la possibilità di evadere dalla prigione nella quale lo avevo confinato, in qualche modo abbia trovato il mondo di prendersi una rivalsa.

   È forse arrivato il tempo di essere punito per le mancanze verso me stesso? Mi sarà concesso di espiare, prima di morire? È tempo di morire?

   Confesso di avere paura di scoprire la risposta.

Luigi Lavorgna

Ridere per non piangere

   Ricordo che, in un vecchio film (Totò contro Maciste), il grande comico napoletano interpretava la parte di Totokamen, un artista che si esibiva nei locali d’Egitto assistito dal suo manager, Tarantenkamen (Nino Taranto). Grazie a dei trucchi dozzinali, Totokamen fa credere a tutti di essere figlio del dio Amon. Per una serie di circostanze è costretto a combattere contro il potente guerriero Maciste, all’interno del palazzo del Faraone. Durante lo scontro, per evitare di essere stritolato dal possente avversario, Totokamen spicca un salto di circa quattro metri abbarbicandosi ad un capitello della volta. In chiusura del film Tarantenkamen chiede al compagno come abbia fatto a compiere quell’incredibile salto. “È il coraggio della paura!” risponde Totokamen.

   In questi giorni del coronavirus, chi più e chi meno, tutti dobbiamo fare i conti con questa emozione che se non si riesce a gestire può minare gravemente le nostre sicurezze.

   Ognuno ha il proprio modo di reagire alla paura: c’è chi la vive come risorsa e chi come limite, chi cerca di esorcizzarla puntando sull’umorismo e chi si piange addosso, chi reagisce inventandosi qualcosa e chi cade nella depressione. Una modalità ricorrente, in particolare tra coloro che potremmo definire “social”, è quella di puntare sull’ironia – vedi https://luigilavorgna.wordpress.com/2020/03/19/pippe-mentali-vs-coronavirus/ – e i vari social, in particolare su Facebook, diventano la palestra ideale per mettere in evidenza un talento che improvvisamente scopriamo di avere. In fondo, ridere per non piangere è un’ottima soluzione per tenere a bada la paura: tra l’altro alcune battute e vignette sono veramente carine.

   Una sola avvertenza: maneggiare con cura. Il pericolo è quello di sottovalutare una situazione che potrebbe causare danni irreparabili.

Luigi Lavorgna

III

“Ponendo le domande giuste, vivendole giorno per giorno e condividendole con gli altri uomini, troveremo compagni di viaggio nelle notti più oscure. E scopriremo che si può, mentre si erra nella notte, persino cantare.”

[Alessandro D’Avenia, L’arte di essere fragili]

Sono stanco

   Sono stanco di promesse mai mantenute, di giuramenti mai onorati, di giornate sprecate, di cose iniziate e mai portate a termine, di certezze granitiche sgretolate dal tempo e dall’ignavia.

   Sono stanco di vivere frammenti di vita… di una vita a rate costellata di scadenze, di frustrazioni, di illusioni e disillusioni, di infinite menzogne dette a me stesso.

   Sono stanco di non riuscire a dare una svolta ad una vita che immaginavo diversa; sono stanco di dover ammettere di non essere stato all’altezza di potenzialità mai sfruttate, di non aver trovato la forza di dare una svolta, di virare verso il mare aperto, di non avere trovato continuità nell’azione…

   Sono stanco di ammazzare il tempo… di predicare bene e di razzolare male.

Luigi Lavorgna

II

“La fedeltà al proprio destino, che non a caso i Greci chiamavano moira, cioè parte assegnata, è l’unico modo di essere felici su questa terra e di essere felicemente infelici quando non ci si riesce, perché il principio di ispirazione che ci guida ha l’ardore per poter bruciare l’ostacolo e il fallimento, anzi trova in esso materiale per rinnovare il fuoco.”

[Alessandro D’Avenia, L’arte di essere fragili]

I

“L’uomo perde la salute per fare i soldi e poi perde i soldi per recuperare la salute. È così ansioso riguardo al futuro che dimentica di vivere il presente e il risultato è che non vive né il presente e né il futuro. Vive come se non dovesse morire mai e muore come se non avesse mai vissuto.”

Dalai Lama