Quando il sesso era tabù
Da ragazzino la parola sesso era tabù. In famiglia l’argomento era “off-limits” e se qualche volta mi scappava qualche parola inappropriata venivo redarguito da mio padre.
Durante i lavori della mietitura, tra squadre di mietitori – allora la mietitura veniva fatta utilizzando la falcetta a mano – spesso ci scappava qualche dissertazione sulla sessualità. Noi ragazzini lo deducevamo dal fatto che non appena ci avvicinavamo per portare un fiasco di acqua fresca per dissetare la comitiva, loro abbassavano la voce. Stando così le cose il nostro apprendimento in tema di sesso era alquanto difficoltoso nonché frammentario, se non addirittura fuorviante.
Due i principali canali di informazione a nostra disposizione: il passaparola tra compagni e trasformarsi in “osservatore occulto” ovvero spiare. Ogni volta che si formava un crocchio di ragazzini inevitabilmente la conversazione diventava monotematica. Con il senno di poi, usando un termine moderno, quante “fake news” circolavano! Anche perché ognuno cercava di ricamarci sopra.
C’era anche chi si vantava di aver partecipato da bambino al cosiddetto “gioco del dottore”.
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Quasi sempre tiravamo fuori i nostri membri e facevamo commenti circa le dimensioni. Ovviamente chi ce l’aveva più grande gonfiava il petto come un pavone. I più saputelli elargivano consigli a destra e a manca. Soprassiedo su altri particolari.
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Alle elementari, in classe, nei rari momenti di relax, noi maschietti, accoccolati sul banco con la testa piegata sulle braccia incrociate, cercavamo di sbirciare le ragazze che, nel parlare con le compagne sedute dietro, involontariamente scoprivano le gambe. Una volta un mio compagno si vantò di aver visto le mutandine della più bella della classe, ma nessuno gli credette.
Alle medie le parole più consultate erano: pene, vagina, pube, sesso e orgasmo.
Per quanto riguarda l’attività di spionaggio, la “location” preferita per le nostre indagini era l’ambiente familiare. All’epoca c’erano le famiglie allargate e spesso il nucleo familiare era cospicuo; ricordo famiglie che avevano dodici/tredici figli. Inevitabilmente si dormiva in molti, genitori compresi, nella stessa stanza. La maggior parte dei ragazzi, cercava di non addormentarci subito per spiare qualche eventuale contatto fisico tra la madre e il padre. Personalmente, durante la mietitura, dal momento che nella squadra dei mietitori c’erano anche delle donne, quando capitava qualcuna giovane, io cercava di mimetizzarmi per guardare le gambe quando si abbassavano. Una volta mi scoprì mio padre e la sera, mentre eravamo seduti intorno al tavolo per la cena, mi fece l’ennesimo “cazziatone al quel Dio biondo”.
Generalmente si arrivava alla fase finale dell’adolescenza con un bagaglio di conoscenze frammentario e incompleto sul tema della sessualità che si cercava di colmare leggendo qualche libro sull’argomento, anche se circolava tanta paccottiglia. Figurarsi quando cominciò a comparire in edicola qualche fumetto con delle vignette alquanto osé. Ce li passavamo tra di noi ragazzi e durante la lettura stavamo ben attenti a non essere sorpresi dai nostri genitori che ce le avrebbero date di santa ragione. Si pensi che molti giovanotti si sposavano anche a diciotto anni, per poter avere finalmente un’esperienza di sesso. La verginità della sposa era un “obbligo” e se qualcuna malauguratamente restava incinta prima del matrimonio veniva cacciata di casa. Se era fortunata la cosa si risolveva con il matrimonio riparatore. Sembra un mondo lontano anni luce se si considera la situazione odierna sul tema sesso. Oggi, per fortuna, o per disgrazia come sostengono alcuni, la sessualità non è più un tabù e viene vissuta liberamente.
Luigi Lavorgna