“Ciò che conta è che la fiducia in noi stessi non venga mai meno, che la sorte, per quanto amara, non ci pieghi, che il destino, per quanto amaro, non ci metta in catene e non ci condanni alla malasorte.”
[Roberto Gervaso]
“Ciò che conta è che la fiducia in noi stessi non venga mai meno, che la sorte, per quanto amara, non ci pieghi, che il destino, per quanto amaro, non ci metta in catene e non ci condanni alla malasorte.”
[Roberto Gervaso]
“Un giorno piangevo perché non avevo le scarpe, poi vidi un uomo senza piedi e smisi di piangere.”
]Jim Morrison]
“Un passo alla volta mi basta.”
[Gandhi]
“Chi non è padrone di sé finisce servo degli altri.”
[Roberto Gervaso]
“Veramente saggio è chi vive ogni giorno come se fosse l’ultimo della sua vita.”
[Marco Aurelio]
Un bel giorno, ero in onda negli studi dell’emittente radiofonica, quando avvenne l’incontro più importante della mia vita: vidi per la prima volta la ragazza con la quale, da oltre quarant’anni, condivido la mia esistenza, “nel bene e nel male”. Fu un incontro di breve durata. Ad onor del vero, lei si limitò a gettare uno sguardo fugace verso di me. Praticamente mi snobbò. Io invece la trovavo bellissima… il viso dai lineamenti finissimi, i lunghissimi capelli castani e un vestito che richiamava la freschezza della primavera. Era un inno all’amore.
Un mese dopo, durante una festa da ballo organizzata il 14 febbraio, giorno di San Valentino, presso un locale della zona e patrocinata dalla nostra emittente, ebbi l’occasione di fare la sua conoscenza. Lei era in compagnia della sorella che, a sua volta, era fidanzata con uno dei soci della radio. I ragazzi erano tantissimi e trovare una partner era sempre un’impresa ardua. Deciso a stabilire un contatto con lei, sfruttando un’occasione propizia, la invitai a ballare.
Dopo il primo ballo ci fu anche il secondo, poi un terzo…non ci lasciammo un momento. Un ballo dopo l’altro, in un vortice crescendo di sensazioni auspicate e mai provate. Dire che perdemmo la cognizione del tempo è poco.
Mi focalizzavo sul mio comportamento e non capivo; ero una persona completamente diversa. Le parole fluivano con una facilità incredibile. Facondia ed eloquenza andavano a braccetto. Ero a mio agio. Sicuro di me, sentivo che potevo sfidare il mondo intero. Parlammo di tante cose, anche frivole. Di tutto di più. Tra l’altro mi fece l’augurio per la mia recente laurea. Tra un ballo e l’altro, le offrii da bere, uscimmo sulla veranda antistante il locale per fumare una sigaretta e continuammo a dissertare su tutto. Di tutto di più. Era un’orgia di parole, di sensazioni meravigliose, di cose mai dette, di progetti futuri, di aspettative, di speranza. C’eravamo solo noi, persi nell’infinità… padroni del mondo e del nostro destino.
A fine serata ci lasciammo con la promessa di rivederci al più presto. Appena l’auto che l’avrebbe riportata a casa scomparve dalla mia vista. Crollai quasi di schianto su di una sedia e i miei pensieri iniziarono a vagare senza una meta. Flash improvvisi e caotici evidenziavano i particolari della serata.
Io che l’invito a ballare sulle note di “Lancia di sole”, bellissima e struggente melodia cantata da Massimo Abbate che da quella sera diventò la colonna sonora che nei due anni successivi avrebbe accompagnato i numerosi viaggi in macchina, Sud/Nord e Nord/Sud. Ancora oggi quando mi capita di ascoltarla mi accorgo di portarla nel cuore, insieme a quella serata magica di quarant’anni or sono che diede una svolta alla mia vita.
Io che, in trance, ballo con lei guardandola negli occhi
Io che sogno di portarla la “serenata” che è una bellissima usanza legata in particolare alla cultura popolare di molte regioni d’Italia, in particolare al Sud. La sera precedente alla celebrazione delle nozze, lo sposo, accompagnato da amici e suonatori, si presenta sotto la finestra della camera della futura sposa e le canta una canzone accompagnato generalmente dal suono di una fisarmonica.
La notte non riuscii a dormire, mi giravo e rigiravo nel letto e i miei pensieri erano tutti per lei.
A volte una sera può valere una vita…
L’Ultimo romantico
“L’enigma dell’essere umano non sta in ciò che egli è, ma in ciò che egli è capace di essere.”
[Abraham Joshua Heschel]
“Ma che colpa abbiamo noi…” Questa canzone dei Rokes di quasi 60 anni fa sembra fare da eco e da manifesto alla situazione che stanno attraversando i nostri giovani qui nel Bel Paese. E i riflettori vanno di diritto alla Nazionale di Calcio di Roberto Mancini che complice la mancata qualificazione ai Mondiali ha aperto […]
Ma che colpa abbiamo noi… — Lascia vivere il pensiero…
Frequentavo l’ultimo anno delle superiori, ed essendo uno dei vincitori del concorso “Veritas”, organizzato dalla Chiesa Cattolica, fui premiato con un viaggio di quattro giorni a Roma. In quell’occasione ebbi modo di entrare in contatto con molti ragazzi e ragazze provenienti da tutt’Italia. Per l’occasione visitammo molte bellezze artistiche della capitale: monumenti, chiese, catacombe e via dicendo; ma il “piatto forte” di quei giorni fu l’udienza concessaci in esclusiva da Papa Paolo VI.
Una sera ci organizzammo in piccoli gruppi per fare un giro autogestito per la città eterna. Nel mio gruppo c’era una ragazza bionda, con i capelli lisci e lunghi e un viso d’angelo che, aveva attirato la mia attenzione. Volevo fare amicizia con lei e cercavo di trovare un modo per avvicinarla, senza riuscirvi. Eravamo fermi ad un semaforo in attesa del verde per poter attraversare la strada e all’improvviso l’idea giusta. Una frazione di secondo dopo che il semaforo aveva dato il via libera, con la velocità della luce, infilato il mio braccio sotto il suo, dissi: <<Attraversiamo.>> Il cuore mi batteva a mille, ero euforico, fiducioso.
Eppure è un ricordo agro-dolce, perché nonostante la situazione favorevole non riuscii a profferire parola.
Uno dei rari ricordi lieti, risale all’epoca delle mie performances radiofoniche: una sera fui invitato ad una festa da ballo organizzata in una casa di campagna da alcune ragazze che seguivano il mio programma. Quando arrivai in compagnia di un amico la stanza era già piena. Mi guardai intorno e vidi che c’erano solo 5 ragazze, i ragazzi invece erano una quarantina. Per poter fare un ballo con una delle ragazze c’era la ressa. I più intraprendenti riuscivano nell’intento. Con mia grande sorpresa, appena si seppe che ero arrivato, le ragazze cominciarono a gridare che era arrivato Nico – era il mio nome d’arte –e applaudirono. Ovviamente quella sera non ebbi problema per trovare una partner per ballare. Addirittura erano loro che mi invitavano a ballare. Mentre ballavo, notai che i ragazzi mi guardavano torvi. Per una volta mi sentii al settimo cielo…
In realtà, nel corso del tempo, ho cercato, sperato, pregato… spesso mi sono invaghito di qualche ragazza che non ha mai saputo cosa provavo per lei, semplicemente perché non ho mai trovato il coraggio di manifestarglielo o forse perché nel profondo sapevo che non era lei quella che cercavo.
Sebbene a distanza quasi siderale, la memoria, che spesso mi mortifica, quando meno te lo aspetti ti regala una perla dal passato.
Prende solamente il cuore, questa malattia, l’amore incomincia a questa età. Non ha senso senza te, penso che potrai guarire, e mi sento già morire. Una cosa brucia in me è l’immagine di te. Alberi verdi, mille colori, una farfalla nell’aria più chiara. Fra tanta gente infelice, felice sei tu. Nuvole nere nell’urlo del vento, cominci a pensare che un fuoco si è spento. Ma la paura che senti lo sai che cos’è?
È l’amore, è l’amore, tutto il freddo, tutto il caldo che hai nel cuore, è l’amore, è l’amore, solo amore
Prende solamente il cuore, questa malattia, l’amore non ha senso senza te
L’arcobaleno sorride nel cielo, dopo la pioggia ritorna il sereno, nella tua anima bianca c’è un posto per me.
Così cantava – era il 1970 – Donatello, all’apice della sua popolarità. Avevo vent’anni e questa dolcissima melodia divenne, in poco tempo, la colonna sonora preferita da tanti innamorati. Personalmente, ne andavo pazzo. Ascoltandola, sognavo ad occhi aperti, con la segreta speranza che un giorno l’amore sarebbe arrivato anche per me. A questo brano è legato uno dei miei ricordi belli.
Una sera partecipai ad una festa da ballo organizzata per festeggiare un compleanno. Alquanto impacciato, invito a ballare una mia coetanea che mi piaceva. Con mio sommo piacere balliamo un “lento”, un ballo che favorisce il contatto fisico. Guancia a guancia, stretti stretti, avverto la dolce pressione del suo seno sul mio petto, la sua coscia contro la mia… è l’apoteosi. Il cuore batte all’impazzata, la fantasia comincia a galoppare. Ma ahimè, come tutte le cose belle della vita, anche il ballo finì e con esso il sogno. Tuttora, rimane solo il ricordo di un qualcosa che avrebbe potuto essere e che non è stato.
Nonostante tutto, sono sempre stato sicuro che prima o poi avrei coronato il mio sogno. Si trattava solo di avere pazienza. E la pazienza viene premiata!
Continua
L’Ultimo romantico