La questione della felicità

“Effettivamente la questione della felicità è al centro di tutte le grandi correnti spirituali dell’umanità. Come ricordava Epicuro, tutti vi aspiriamo, qualunque forma essa assuma. Tuttavia sperimentiamo anche che risulta inafferrabile come l’acqua o il vento. Non appena pensiamo di essercene impossessati ci sfugge. Se tentiamo di trattenerla, si allontana da noi. A volte si nasconde dove speriamo che sia o emerge all’improvviso nel momento in cui meno ce l’aspettiamo.”

(Frederic Lenoir – La saggezza spiegata a chi la cerca – Piemme)

Il nostro giudizio

Il nostro giudizio dipende dalla prospettiva dalla quale si guardano le cose. Prendiamo la neve, ad esempio. Quando si è bambini e la coltre bianca copre ogni cosa, l’allegria si impadronisce di noi. Ci rincorriamo con i nostri compagni ebbri di felicità, ci tiriamo palle di neve ingaggiando vere e proprie battaglie, facciamo il pupazzo di neve, ecc. Quando poi giunge la vecchiaia, cambiata la prospettiva cambia il giudizio. Ci si dimentica del lato ludico e il pensiero corre su di un altro binario. Si ha paura di rimanere isolati, che possano mancare l’acqua e la corrente, che ci si possa sentire male e l’ambulanza non può raggiungerci, che si possa rimanere senza scorte di viveri ed altre amenità del genere.

La felicità

La felicità si ottiene a prezzo dell’anima, ma occorre capire se mentre crediamo di liberarci ci stiamo solo vendendoal peggior offerente. Solo il Nuovo libera, perché spinge a cercare l’irraggiungibile, abbandonando amari paradisi artificiali e rendendoci coraggiosi come i bambini, perché «per il bambino…l’universoè uguale al suo vasto desiderio», purché a quel desiderio non si rinunci o non lo si baratti con uno specchietto luccicante, ribellandosi a chi ce lo offre, in cambio dell’anima, per arricchirsi e dominarci. Noi siamo fatti per ben altro, per ben oltre.

[Alessandro D’Avenia, La Noia e il Nuovo, Corriere della Sera, 12 aprile 2021]

Il desiderio

Il desiderio è il principio di animazione della vita e i bambini ne sono, almeno per poco, portatori autentici, perché non hanno ancora fatto in tempo a inseguire miraggi di felicità proposti o imposti dalla cultura o dalle aspettative altrui: oggi il consumo e l’autoaffermazione contro tutto e tutti.

[Alessandro D’Avenia, 71. La Zona rossa, Corriere della Sera, 15/03/2021]

Il passato è solo acqua che scorre

<<Per essere felici bisogna vivere il presente. Il passato è solo acqua che scorre, e il futuro è un sole remoto all’orizzonte della nostra immaginazione. Il momento decisivo è adesso. Impara a vivere nel presente e assaporalo fino in fondo.>>

<<La felicità è un percorso, non è un punto d’arrivo. Vivi l’oggi, perché nessun giorno sarà più uguale ad esso…>>

<<Smettila di rincorrere i grandi piaceri della vita trascurando quelli piccoli. Rallenta il passo e ammira la sacra bellezza di ciò che ti circonda. Lo devi a te stesso».

<<Non rimandare mai a domani le cose che potrebbero darti gioia e benessere oggi. Oggi è il giorno da vivere pienamente; non quello in cui vincerai la lotteria o andrai in pensione>>

 [da Il monaco che vendette la sua Ferrari]

Quale è stata la cosa più bella di ieri?

<<Quale è stata la cosa più bella di ieri? Ho chiesto qualche giorno fa a una classe di universitari di un master di scrittura. Li incontravo per la prima volta e, per entrare rapidamente in sintonia con loro, ho inventato una forma particolare di appello. Bisognava dire il proprio nome e raccontare, in breve, la «cosa bella» del giorno prima: la vittoria della squadra del cuore acciuffata ai rigori, la lettura delle ultime pagine di Anna Karenina, una carbonara ben riuscita e condivisa con un amico, pettinarsi senza sentire – per la prima volta – il dolore di una ferita provocata da una violenza… Sono tutte esperienze (quanto straordinarie non conta) di risonanza, che fermano il tempo e che vengono mandate «a memoria» (in inglese si dice by heart, in francese par coeur: «a cuore»), perché sono vita che si è ampliata e non può essere più portata via: si vive più «a lungo» solo quando si vive più «in largo» o «in profondità». Se invece la felicità si riduce a un risultato relativo a oggetti e standard da raggiungere, l’ordinario viene escluso e la memoria si riduce a una soffitta ingombra di pezzi di passato, rispolverati in occasioni estemporanee e sentimentali.>>

Alessandro D’Avenia, Corriere della Sera del 25 gennaio 2021

https://www.corriere.it/alessandro-d-avenia-ultimo-banco/21_gennaio_25/64-ritorno-futuro-b9b97796-5e60-11eb-9d4d-6cce1a220c09.shtml?refresh_ce

Mancanza di fede

«Mi manca la fede e non potrò mai, quindi, essere un uomo felice, perché un uomo felice non ha il timore che la propria vita sia solo un vagare insensato verso una morte certa. Non ho ereditato né un dio né un punto fermo sulla terra da cui attirare l’attenzione di un dio. Di una cosa sono convinto: il bisogno di consolazione che ha l’uomo non può essere soddisfatto». Così scriveva l’autore svedese Stig Dagerman in un breve monologo del 1952, in righe laceranti sul paradosso della condizione umana, stretta tra desiderio infinito di felicità e impossibilità di soddisfarlo.

[Alessandro D’Avenia, Il cacciatore e il consolatore, Corriere della sera, 01/06/2020]

La vita

La vita è un delicato equilibrio tra il prendere buone decisioni ed evitare i pericoli.

La vita è fidarci dei nostri sentimenti, affrontare i rischi, trovare la felicità, valorizzare i ricordi ed imparare dal passato.

La vita è così breve che se la sprechi, finirà ancora più in fretta.

La vita è come il divano dei Simpson: non sai mai cosa può succedere.

La vita è un’avventura: vivi, senti, ama, ridi, piangi, gioca, vinci, perdi, cadi, ma alzati sempre e continua.

La vita è vivere il momento e renderlo il migliore possibile, senza sapere cosa succederà dopo.

La vita è una camera della tortura, dalla quale usciremo morti.

La vita è saper reggere l’ombrello quando piove.

[https://lamenteemeravigliosa.it/cosa-e-la-vita/ ]