C’era una volta il western all’italiana (3.)

Ombre rosse

Il western, nato come cavalcata solitaria, come semplice contrapposizione tra buono e cattivo, risulta a lungo andare schematico e inconsistente, pertanto si avverte l’esigenza di rinnovare il filone ormai inaridito.

John Ford, nel 1939 con il film “Stagecoach” (Ombre rosse), interpretato da Claire Trevor e John Wayne, centrò l’obiettivo.

Nel film, che si avvale di un soggetto tradizionale, sono presenti tutti gli elementi e la tematica del genere western. Un gruppo eterogeneo di personaggi (il conducente della diligenza, lo sceriffo Wilcox che accompagna il fuorilegge Ringo diretto a Lordsburg per vendicare la morte del padre e del fratello assassinati dai fratelli Plummer, Lucia la moglie incinta di un ufficiale dell’esercito che vuole ricongiungersi con il marito, Dallas una prostituta allontanata dalla città per volere della “Lega della moralità”, Boone un medico alcolizzato, un rappresentante di liquori, Hatfield un giocatore d’azzardo del Sud che durante il viaggio si rivela essere un vero gentiluomo e che nutre una profonda stima per la signora incinta, Raffaello Gatewood, un banchiere che sta scappando con il denaro rubato alla sua banca) a bordo di una diligenza diretta a Lordsburg.

Dopo varie vicissitudini, tra cui il parto della signora assistita da Boone forzato a smaltire la sbornia e da Dallas. Intanto tra Ringo e Boone nasce una simpatia e lui le chiede di sposarlo e di trasferirsi insieme in Messico, in un ranch di sua proprietà; lei accetta ma devono rinunciare al progetto a causa di minacciosi segnali di fumo in lontananza che non promettono niente di buono. Alla ripresa del viaggio vengono sorpresi e inseguiti dagli apaches. Nel corso del lungo ed estenuante inseguimento, le munizioni finiscono quando, mentre Hatfield è pronto ad usare il suo ultimo colpo per uccidere Lucia per evitare che cada nelle mani degli apaches, si odono gli squilli di tromba che annunciano l’arrivo del Sesto Cavalleria. Nel frattempo il giocatore d’azzardo viene ferito a morte.

Giunti a Lordsburg, il banchiere ladro viene arrestato dallo sceriffo locale e Dallas cerca di far desistere Ringo dai suoi propositi di vendetta, ma lui in un epico scontro affronta e uccide i fratelli Plummer; dopo di che si arrende. Ma Wilcox lo lascia andare insieme a Dallas per poter raggiungere il Messico e vivere la loro vita.

Ombre rosse, primo dei numerosi western diretti da Ford, è considerato unanimemente il suo capolavoro: tradizione ed esigenza di rinnovamento si integrano perfettamente.

Sostanzialmente, con questo film, in un genere fondato sull’azione, confluiscono nuovi elementi quali la psicologia, i problemi sociali e il dialogo letterariamente definito. Ford introduce la tensione psicologica quale elemento drammatico fondamentale, dado inizio ad un rinnovamento rivoluzionario del filone western. Molte scene, infatti, sono suggestive e cariche di suspense, e a distanza di ottant’anni si ammirano ancora.

(continua)

Luigi Lavorgna

“Beato te che non capisci nulla”

Tempo fa, lessi da qualche parte – non ricordo quando e dove – che il vecchio adagio “Beato te che non capisci nulla” è un insulto alle persone, perché a nessuno piacerebbe, soprattutto nella società odierna, non capire niente e correre il rischio di diventare uno zimbello.

È un’opinione, pertanto “nulla quaestio”. Personalmente condivido l’intenzione ma non il giudizio.

A scanso di equivoci, mi preme sottolineare che anche per me vale la tesi che, soprattutto oggi, non capire nulla è un handicap, ma nello stesso tempo, voglio altresì sottolineare che non sempre generalizzare è una cosa positiva e che quello che vediamo a volte non corrisponde a verità.

All’epoca della mia infanzia infatti– ribadisco che l’ho trascorsa in campagna e che i miei genitori erano contadini – questo adagio era usato e abusato da ragazzi, adulti e vecchi. Era il periodo in cui questo adagio veniva “somministrato” a mò di sfottò e pertanto anche colui che era la vittima designata si prestava al gioco facendosi “quattro risate” come si diceva allora.

Luigi Lavorgna

Burnout

Esaustiva come sempre.

A piedi nudi nella Psiche

burnout psicologia

 

Il termine Burnout in italiano si può tradurre con “bruciato”, “scoppiato”, “esaurito”.  E’ generalmente definito come una sindrome di esaurimento emotivo, di depersonalizzazione e derealizzazione personale, che può manifestarsi particolarmente nelle professioni che prevedono implicazioni relazionali molto accentuate, come le professioni di aiuto ( infermieri,  medici,  insegnanti, assistenti sociali,  vigili del fuoco, ecc). La sindrome da Burnout è l’esito patologico di un processo stressogeno che colpisce le persone quando sono presenti eventi stressanti eccessivi e non si riesce a rispondere  in maniera adeguata agli alti carichi di stress che il lavoro comporta.  E’ una sindrome multifattoriale caratterizzata da un rapido decadimento delle risorse psicofisiche e da un peggioramento delle prestazioni professionali.

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Appello alle aziende: non assumete solo per titoli e certificazioni, assumete per competenze e talento.

STANTIA

Ammiro chi ha spirito di iniziativa e riesce a diventare un imprenditore di successo. L’Italia ha bisogno di novità e di opportunità lavorative, soprattutto in questo periodo.

Non voglio puntare il dito contro chi è a capo di un’azienda. La realtà difficile in cui viviamo non permette di lasciare molto spazio all’etica, e spesso bisogna rinunciarvi per garantire la sopravvivenza di realtà probabilmente conquistate con duro lavoro.

Sono una colpa invece la scelte fatte senza intelligenza. Le conseguenze negative sono due: la perdita di qualità all’interno dell’azienda e la diffusione di un messaggio nefando. Sto parlando delle scelte che riguardano l’assunzione di personale.

Assunzione del personale

Selezionando il personale in base ai titoli e alle certificazioni, indirettamente stai decidendo sulle vite di milioni di persone: saranno portati, per necessità, a percorrere strade frustranti; stai creando una realtà in cui per sentirsi realizzati bisogna pagare corsi che spesso non insegnano…

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C’era una volta il western all’italiana (2.)

Il cinema western americano

Tracciamo ora, velocemente, attraverso i titoli di quattro film (The great train robbery, Ombre rosse, Mezzogiorno di fuoco, Il mucchio selvaggio) che hanno lasciato il segno nella storia del western americano, le tappe fondamentali della storia del cinema western americano.

The great train robbery

Con il film “The great train robbery” (assalto e rapina di un treno), realizzato da Edwin Porter nel 1903, nasce il genere western, il primo nella storia del cinema.

The great train robbery, prima pellicola importante con un tema di fantasia del cinema americano, ebbe un clamoroso successo.

La trama è semplice: Due banditi armati fanno irruzione nell’ufficio telegrafico di una stazione ferroviaria e minacciando l’operatore lo obbligano a fermare un treno. A seguire, lo stordiscono e lo legano. I banditi, raggiunti da altri due complici, salgono sul treno in sosta. Due di loro uccidono un impiegato, con la dinamite, aprono una scatola piena di denaro e la svuotano. Contemporaneamente i complici, raggiunta la locomotiva, uccidono il fuochista e obbligano il macchinista a fermare il treno e staccare la locomotiva. I banditi derubano i passeggeri dei loro effetti personali. Uno dei passeggeri tenta di scappare, ma viene immediatamente ucciso. I banditi, poi, caricato il bottino nella locomotiva, si allontanano. Raggiunti i loro cavalli, abbandonano la locomotiva e fuggono con la refurtiva. Intanto, nell’ufficio telegrafico, l’operatore, risvegliatosi, cerca inutilmente di telegrafare utilizzando la bocca e il naso. Sopraggiunge la figlia, lo libera dalle corde e lo rianima buttandogli acqua in faccia. Nel frattempo, in un locale pieno di gente, gli agenti per divertirsi sparano ai piedi di un uomo per costringerlo a danzare. Quest’ultimo fugge spaventato, tra l’ilarità generale. A questo punto giunge l’operatore che dà l’allarme. I poliziotti si precipitano in strada e inseguono i banditi. Uno dei malviventi viene ucciso durante l’inseguimento a cavallo, gli altri tre superstiti invece, credendo di averla fatta franca, si fermano in un bosco per dividersi il bottino. Arrivano i poliziotti che li uccidono e recuperano la refurtiva. In chiusura, il capo dei banditi punta la pistola contro la macchina da presa e spara ripetutamente.

Alternando panoramiche e primi piani, Porter consolida una tecnica narrativa che è alla base del cinema d’azione.

Il genere conquista i favori del pubblico e registi e produttori cominciano a realizzare western in serie. Il regista Thomas Harper Ince contribuisce più di tutti al successo del filone. Realizzando e supervisionando centinaia di pellicole, Ince ha il merito di far conoscere in tutto il mondo il filone western.

Lo schema narrativo

Lo schema narrativo è semplicissimo: l’eroe, il cattivo o i cattivi, la fanciulla da salvare e il lieto fine. La psicologia è elementare, l’azione è tutto.

Stabiliti i canoni fondamentali, nascono i primi eroi: Broncho Bill, Tom Mix, Rio Jim. Dal momento che questi eroi vivono le loro avventure cavalcando tra gole rocciose e sterminate praterie, lo scenario naturale gioca un ruolo di primo piano e diventa un elemento di fondamentale importanza. Il western nasce, quindi, come epopea visiva ed azione pura.

Con l’avvento del colore, i panorami del West acquistano nuovo splendore. Con il passare del tempo poi, persistendo la ripetitività delle vicende, il filone western avverte il bisogno di rinnovarsi e, con la grandiosità delle ricostruzioni e il largo impiego delle masse, il western diventa epico. Questi film evocano la marcia dei pionieri verso l’Ovest, le grandi carovane, la costruzione della ferrovia.

(continua)

Luigi Lavorgna